I quattro fratelli

I quattro fratelli Una volta, ma sono passati più di cento anni, viveva
a Ussolo, sperduta borgata della Valle Maira, un uomo
che era rimasto vedovo con quattro figli.
Quando li vide cresciuti, pensò che poteva morire,
se pure non era ancora così vecchio da doverlo
per forza fare. Si prese il tempo di fare testamento
e morì. Ai figli lasciò in eredità un gatto, un gallo,
una scopa e un falcetto. Trascorsi alcuni giorni
dalla morte del padre, i fratelli si riunirono
per decidere il da farsi e decisero di attraversare
il torrente e di andare per il mondo in cerca
di avventura, uno al ritorno dell'altro.
Il maggiore fu il primo a partire, tirandosi dietro
il gatto che dava a vedere, a differenza del padrone,
di non essere affatto contento di lasciare quel pugno
di case. Dopo un lungo cammino, il giovane e il gatto giunsero ad una casa dove chiesero ospitalità per la notte. La vecchietta che l'abitava fu molto comprensiva: non subito per la verità, ma appena vide spuntare dalla tasca della giacca che le stava davanti la testa del gatto. «Dovete sapere - disse al giovane appena gli ebbe dato un boccone
di pane e un bicchiere di vino - dovete sapere che siete arrivato a proposito. Ho la casa invasa
dai topi e un gatto mi farebbe grande comodo. Non avrete di che pentirvi, ve lo pagherò a peso
d'oro». Il giovane guardò la vecchia, poi il gatto (che a sentir parlare di topi aveva rizzato i baffi),
poi ancora la vecchia; infine, senza dire parola, concluse l'affare. La mattina seguente
riprese la strada di casa con nella tasca al posto del gatto un bel mucchio di monete d'oro
e di argento. I fratelli gli fecero grandi feste e complimenti e tanta era la meraviglia che
il secondogenito non attese neppure l'alba del nuovo giorno per partire a sua volta.
Prese il gallo e attraversò il torrente, camminò di buon passo fino a quando trovò ospitalità per
la notte nella casa di due vecchietti. Di loro si sa soltanto che erano molto sordi, ma è quanto
basta per capire il seguito della storia. Il gallo aveva cantato a mezzanotte, alle tre e
alle cinque; ed aveva cantato ogni volta così forte da riuscire a svegliarli. Il mattino seguente
vollero ad ogni costo comprare il gallo e lo pagarono con un bel gruzzolo di monete d'oro.
Fu così che per merito di un gallo anche il secondo dei fratelli tornò a casa ricco e contento.
E venne la volta del terzo fratello che partì con la scopa e con la speranza di incontrare
ugual fortuna. La prima notte del viaggio bussò alla casa di una donna che, veduto l'insolito bastone
con cui il giovane si accompagnava, s'illuminò subito in viso e l'accolse con grande simpatia.
«Mi pare che vi mandi il cielo - disse senza un filo di esitazione - Per quanti sforzi io faccia,
lo vedete con i vostri occhi, non riesco a togliere il sudiciume da questa casa. Mi sembra proprio
stregata. Se voi ... ». E rimase con la voce a mezz'aria: il giovane, dato mano alla scopa, in men
che non si dica aveva ripulito la casa, di sotto e di sopra, anche del più sottile filo di ragnatela
ed ora sorrideva, come per dire: «Visto? Basta una scopa!».
La conclusione dell'avventura? È presto detta: la donna comprò la scopa per molte monete
d'oro e il terzo fratello tornò alla casa di Ussolo, ricco e contento come gli altri due.
A questo punto toccò all'ultimo dei quattro fratelli di tentar la buona sorte. Cosa che egli fece
senza pensarci su neppure un momento. Prese il falcetto e partì. Camminò molti giorni sotto
il sole e dormì molte notti sotto le stelle, fino a quando, in un campo tanto diverso dalla
sua piccola valle, dove tutto sembrava dipinto di giallo e di rosso, vide alcune donne intente
a tagliare il grano. Si avvicinò a distanza di voce, ché desiderava scambiare due parole con anima
viva, e quasi stentò a credere a quello che i suoi propri occhi vedevano: le donne stavano
mietendo con le forbici, proprio come fa il sarto con le toppe dei calzoni. Il giovane allora,
senza aspettare d'esserne richiesto, prese il falcetto e in poche ore tagliò tutto il grano del campo.
Con il risultato che anche il falcetto, come già era avvenuto per il gatto, il gallo e la scopa,
finì in altre mani mentre nelle mani del giovane finirono molte monete d'oro e d'argento.
E fu al suo ritorno un gran parlare per tutta la valle del Maira, sì che ancora oggi si racconta,
di quel che possono - se ben usati - un gatto un gallo una scopa e un falcetto.

Bibliografia:
Piccole storie di servan, masche e diavoli - Dalmasso, Raviola - L'arciere

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