La leggenda del Cotlas

La leggenda del Cotlas C'era una volta, si dice sul colle di Palmascura,
un castello, non più di una rocca, molto
isolato e misterioso, che gli abitanti di Roccabruna
e dei dintorni chiamavano 'Il Cotlas'.
Vi abitava un conte molto bislacco e strano di cui
non si sapeva né il nome né la provenienza,
un signorotto che non teneva servi in casa,
che non usciva mai e mai riceveva visite da paesani
e forestieri. Era così preso dalla magia che passava
il giorno e la notte fra alambicchi, paioli e braci
ardenti a macinare polveri e a cuocere intrugli, dimenticandosi persino della moglie, ancora giovane
e bella, e del figlio, appena un ragazzo,abilissimo
nel pizzicare le corde di un liuto. Non voleva vederli
e li maltrattava, finché un giorno, più indiavolato
che mai, scacciò il figlio di casa, chiuse la contessa
nella torre e si tenne la chiave. Il ragazzo andò per piazze e castelli lontani a suonare il liuto,
mentre la donna si rifugiò nella preghiera, sperando sempre che le cattive mattane del conte
cessassero. Ma non fu così. Il conte diventava ogni giorno più triste e infuriato: forse perché
dal suo lavorio di mago non veniva alcun risultato, né la pozione dell'eterna giovinezza e neppure
la polvere capace di trasformare ogni cosa in oro, i due prodigi per i quali avrebbe venduto
anche l'anima al diavolo. Passarono gli anni poi il figlio tornò, vide la madre e decise con lei
di prendere l 'oro che il conte custodiva in una cassapanca di noce; e di fuggire per sempre
da quel castello di disgrazie. Ma il conte li sorprese e li uccise entrambi.
Quella stessa notte scoppiò un terribile temporale e un fulmine, come se fosse guidato da
una mano sicura, colpì l'assassino e lo ridusse in cenere come in cenere finì tutto quello
che il castello conteneva. Rimasero in piedi solo i muri di pietra annerita; ma anche i muri
non durarono a lungo, perché gli abitanti di Roccabruna, sentito un frate del convento
di San Costanzo, andarono in tanti alle rovine del Cotlas e lo distrussero fino all'ultima
pietra. Perché, si racconta, non rimanesse nel tempo anche il più piccolo segno
di una così triste storia.

Bibliografia:
Piccole storie di servan, masche e diavoli - Dalmasso, Raviola - L'arciere

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